Se lo “Stupor Mundi” si è innamorato di questo luogo a tal punto da far edificare il suo più bel gioiello architettonico, sintesi del suo ecclettismo, ci sarà un motivo? Venite a scoprirlo con me 😊
Il Parco Nazionale dell’Alta Murgia, istituito nel 2004, si estende per 68.000 ettari ed è una delle aree di pseudo-steppa più estesa del Mediterraneo; solo 11.000 ettari infatti sono ricoperti da boschi di querce e rimboschimenti di conifere Il paesaggio prevalentemente lunare fatto di colline aride, terre brulle, calcari affioranti suscita sempre un grande senso di libertà a chi fruisce in questi spazi aperti dove lo sguardo si perde all’orizzonte fino al Gargano, al Vulture e agli Appennini soprattutto nei giorni di tramontana.
Questo deserto di calcari antichissimi risalenti al Cretaceo denota un territorio totalmente carsico ricco di lame, che fungono da corridoi ecologici per i mammiferi, e di grotte e inghiottitoi collegati in complessi sistemi ipogei che quando collassano creano profonde doline di circa 100 m: le più spettacolari sono il Pulo di Altamura e il Pulicchio di Gravina. Ciccillo è il più famoso Neanderthal made in Puglia, ma chissà cosa altro custodisce il nostro scrigno di pietra oltre al suo scheletro e alle 30.000 impronte di dinosauri in Cava Pontrelli.
Questo parco rurale, tutt’oggi vocato alla pastorizia, che comprende gli agri di 13 Comuni della murgia di nord-ovest afferenti alle Province di Bari e BAT, è il risultato di profonde modificazioni indotte dall’uomo per circa 4 secoli.
La terra delle querce è stata spogliata del suo manto verde per accogliere i pastori transumanti delle regioni limitrofe, soprattutto dal 1447 quando re Alfonso I d’Aragona istituì la Regia dogana della mena delle pecore. I boschi furono ceduati per creare territori da pascolo e l’erosione meteorica ed eolica hanno contribuito a modellare in territorio evoluto in praterie steppiche che oggi rappresentano il bacino di alimentazione di numerosi rapaci tra cui il bellissimo nibbio reale, simbolo del parco. Le numerose architetture rurali del XV secolo ne sono testimoni: masserie, jazzi, mungituri, cisterne, neviere, mirabili costruzioni a secco la maggior parte ancora in uso.
Durante i trekking è sorprende osservare la varietà di specie vegetali presenti, circa 1500 che rappresentano ben il 25% di quelle italiane, distribuite in diversi habitat. La pseudo-steppa, che prende il nome proprio da una graminacia endemica, il famoso lino delle fate – Stipa austroitalica – è il luogo migliore dove fotografare le variopinte orchidee primaverili; i lembi di roverelle – Quercus pubescens– sono il luogo migliore per seguire le tracce del più bello ed elusivo: il lupo.
Rossella Gendarmi