foto Lorenzo Gaudiano

Una quindicina di anni fa, in Val Fondillo, durante un’esperienza di volontariato nel Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise, all’imbrunire, vidi un lupo e fui stregata dal suo sguardo e dal profondo e ancestrale ululato. Mai avrei pensato che a distanza di anni li avrei ritrovati nella mia amata terra: la Puglia.

A dir poco bellissimo, intelligente, scaltro ed elusivo è da sempre il re del vecchio continente. Quello che non si conosce fa paura: solo la divulgazione dell’ecologia e dell’etologia del lupo, crea le basi del rispetto, della tolleranza e dell’amicizia con questa specie con cui dobbiamo imparare serenamente a convivere.

Il lupo – Canis lupus– è una specie appartenente alla famiglia dei canidi ed è presente nel mondo con diverse sottospecie. In Italia, ad esempio, vi è il Canis lupus italicus: lungo 100-150 cm, alto al garrese 50-70 cm, snello e con un peso medio di 30 kg; è il predatore carnivoro al vertice della nostra catena alimentare. La sua dieta è costituita prevalentemente da grandi erbivori soprattutto ungulati (cinghiali, cervi, caprioli), piccoli e medi mammiferi, carcasse di animali morti e, in bassissima percentuale, da vegetali e bestiame domestico. Dal manto grigio, rossiccio in estate, si distingue dai cani o ibridi, per la presenza di bande nere sugli arti anteriori, per le guance e l’addome chiaro, per le orecchie piccole ed arrotondate e la coda corta dalla punta nera. Le grandi dimensioni di polmoni e cuore, gli afferiscono velocità e resistenza fisica, che gli permette di percorrere anche 80 km in una notte e di correre per circa un’ora, catturando le prede per sfinimento e uccidendole con un unico morso alla giugulare. Il suo vero successo evoluzionistico è dovuto anche alla sua socialità.

L’unione fa la forza, e il lupo lo sa bene, per quello fa branco.

Il branco, costituito da genitori e figli fino a 2-3 anni di età, va da 2 a 8 individui; i genitori, lupi alfa, sono i soli a riprodursi una volta all’anno, a fine inverno. La gestazione dura 60 giorni, il parto e l’allattamento, di circa 3-4 lupacchiotti, avviene in tana. Amano la famiglia e accudiscono la prole finché avrà acquisito il linguaggio complesso e raffinato con cui comunicare, avrà appreso la gerarchia del branco e le strategie di caccia e sopravvivenza.

I giovani, sia maschi che femmine, solitamente dopo i due anni, raggiunta la maturità sessuale, con intraprendenza e coraggio, vanno in dispersione cercando territori e partner liberi con cui creare un nuovo branco, con un rischio di mortalità del 75%.

Talvolta, in relazione alla forte gerarchizzazione del branco e all’impossibilità da parte dei giovani di accoppiarsi e di approvvigionarsi per primi del cibo, si scatena una forte inquietudine che porta alla dispersione prima del tempo.

La presenza è segnalata dalle pianure alle vette di montagna, territori che differiscono per dimensione e habitat e che dipendono dall’abbondanza di cibo. Ogni branco ha il suo territorio, non sovrapponibile, che viene marcato con segnali odorosi, quali urina e escrementi dette fatte, (lunghi 10-15 cm contenenti peli e ossa) e segnali sonori, i famosi ululati. Talvolta i lupi alfa raspano il terreno marcando attraverso l’odore identificativo, emesso dalle ghiandole interdigitali.

Una volta raggiunta la capacità portante dell’ambiente, la popolazione si assesta su un livello di equilibrio, questo vuol dire che il numero di lupi in Italia non potrà crescere all’infinito perché nel momento in cui tutte le aree naturali saranno occupare, o gli animali selvatici saranno meno abbondanti, i lupi valicheranno le Alpi per occupare territori liberi e/o ne nasceranno meno.

L’età media è di gran lunga inferiore rispetto a quella di un cane; la mortalità può dipendere da causa naturali, quali rogna, cimurro e parassiti, ma decisamente più da cause antropiche, quali collisioni con autoveicoli e il bracconaggio: lacci, tagliole, bocconi avvelenati e armi da fuoco.

Foto di Rocco Pedone

Foto Rocco Pedone

Ogni anno le stime riportano 200-300 esemplari morti, circa il 10% della popolazione italiana.

Negli ultimi due secoli non si è registrato nessun attacco del lupo all’uomo eppure si parla solo di lupo cattivo, quindi cerchiamo di andare a fondo, per poter eliminare tutti i pregiudizi.

Il rapporto tra uomo e lupo esiste da almeno 100.000 anni.

Gli Etruschi lo avevano eretto a simbolo della Romanità, il mito della lupa capitolina, nutrice di Romolo e Remo, figli di Rea Silvia e dello stesso dio Marte, ne è la prova.

Anche altri popoli italici avevano il lupo come loro animale totem: dagli Irpini, il cui nome deriva dal sannita hirpus=lupo, ai Lucani così chiamati dal greco lukos=lupo, ai Dauni, popolo di origine illirica che circa duemila anni prima di Cristo si stabilì nell’attuale Capitanata, la cui radice deriva dalla parola illirica dhau che significa letteralmente “strangolatore”, ma che veniva comunemente usata per indicare appunto il lupo.

La nascita del “lupo cattivo” risale al Medioevo, per mano di leggende sul lupo antropofago, divoratore di uomini e del Cristianesimo che tese a demonizzare il lupo, identificando in esso tutto il male; il colpo di grazia fu la favola di Cappuccetto Rosso, pubblicata a fine ‘600.

Così, pur rappresentando la specie più emblematica del nostro patrimonio naturale e culturale, è stato oggetto di secoli di persecuzioni che avevano portato la popolazione di questi splendidi predatori, alle soglie dell’estinzione. Persino lo Stato ne era responsabile: sulla testa dei lupi pendeva una taglia di 20.000 lire fino al 1970. I lupari che consegnavano alle autorità, nella piazza del paese, l’animale morto, la coda o la coppia di orecchie, avevano il premio.

Nel 1973, il lupo italico contava meno di 100 esemplari trincerati nei luoghi più selvaggi tra l’Abruzzo e Calabria.

Decisiva fu “Operazione San Francesco e il lupo”, ad opera del WWF e Parco Nazionale d’ Abruzzo, Lazio e Molise, in cui le campagne di sensibilizzazione, riabilitavano l’immagine dello splendido predatore e del suo ruolo fondamentale in natura. Contestualmente, la reintroduzione negli areali di specie come cervi e caprioli, sue prede naturali, evitava attacchi al bestiame, favorendo la tolleranza degli allevatori. Determinanti, per la conservazione della specie, furono diversi provvedimenti legislativi che ne vietavano la caccia e la cattura, proibivano la diffusione delle esche avvelenate e, a livello regionale, leggi per il risarcimento dei danni da predazione, da essi provocati, vigenti anche oggi, soprattutto dopo che la protezione del lupo è stata imposta anche a livello europeo con apposite normative comunitarie.

Ricordiamo che uccidere un lupo è un reato gravissimo.

Grazie a tutto ciò, il lupo, dalla quasi estinzione, in 40 anni, piano piano, da clandestino, ha reclamato il territorio in cui aveva sempre vissuto, espandendosi progressivamente.

In Puglia, probabilmente, pochi esemplari rimasero rifugiati nei luoghi più impervi del promontorio del Gargano, altri sono giunti dalla Basilicata; sta di fatto che da più di una decina d’ anni ormai sono stabili nei due parchi nazionali.  Il promontorio delle Murge, tutelato dall’ Ente Parco Nazionale dell’Alta Murgia, pur avendo pochissima copertura boschiva (11.000ha su 68.000ha totali), grazie soprattutto all’abbondanza di cibo (i cinghiali sono in esubero) e al basso disturbo antropico, ha consentito la nascita di diversi esemplari, che da adulti, son migrati verso sud occupando anche i territori del Parco Terra delle Gravine, presenti sull’arco ionico.

Ad oggi, in Puglia, la comunità scientifica stima una popolazione minima di 20 nuclei riproduttivi, compresi nei 2000 esemplari distribuiti in tutta la penisola, dalla Calabria all’arco alpino… ma questa primavera avremo finalmente dei dati precisi.

Infatti un’eccezionale decisione è stata quella, per la prima volta nella storia, di effettuare un Monitoraggio Nazionale del lupo in Italia, uno strumento essenziale per valutare l’evoluzione dello stato di conservazione della specie e l’efficienza delle misure gestionali messe in atto dalle amministrazioni. Sono state individuate 1000 celle (aree di 10km²) che contengono diversi transetti (percorsi); i volontari, dopo un’adeguata formazione, seguono protocolli di campionamento standardizzati messi a punto dall’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale).

Tra le metodologie standardizzate, ad esempio, nel campionamento estensivo, si perlustrano ogni due mesi, i transetti indicati, alla ricerca dei dati di presenza del predatore.

Lo studio in modo indiretto avviene con l’analisi di tracce quali piste di impronte, escrementi, carcasse che testimoniano eventi predatori. L’optimum è riuscire a trovare escrementi freschi che conservano la mucosa intestinale da cui si estrae il dna (tecnica che ci dà esattamente il numero degli esemplari). Un’altra tecnica che si sta utilizzando è il fototrappolaggio che avviene con strumenti dotati di sensori di movimento che attivano la fotocamera e producono foto e video, cioè sono veri e propri osservatori h24, che lavorano per noi, monitorando il passaggio della fauna ormai da 20 anni.

L’ attività di campionamento sistematico, può essere integrata anche da dati occasionali rinvenuti da chiunque e valutati dal referente ISPRA per la Puglia, dott. Lorenzo Gaudiano.

Foto, video di lupi, o dei suoi inequivocabili escrementi, contenenti setole di cinghiale, georeferenziati, possono esser di grande supporto alla ricerca…. quindi invito tutti coloro che sono in campo a dare il proprio contributo, segnalando i dati occasionali.

Escremento fresco di lupo  con  matrice e setole di cinghiale, importantissimo per l’indagine genetica (foto Rossella Gendarmi)

Escremento secco di lupo  senza matrice e con setole di cinghiale (foto Rossella Gendarmi)

Solo uno studio puntuale e sistematico potrà portare a definire l’abbondanza e la distribuzione, così da intraprendere, in un futuro prossimo, linee gestionali specifiche e funzionali.

Perché si studia così tanto il lupo? Non è solo bella l’idea che questo formidabile predatore sia il supremo re della natura selvaggia, ma la sua presenza è indice di ottimo stato di salute dell’ambiente che ci circonda e dei suoi equilibri.

Il lupo ha un prezioso ruolo ecologico di selettore naturale dell’ambiente: controlla la dimensione delle popolazioni delle sue prede apportando equilibrio nei sistemi trofici, elimina animali feriti con poche possibilità di sopravvivenza e riproduzione e elimina le carcasse di animali morti per cause naturali. La sua presenza quindi apporta benefici a cascata in tutti gli habitat dove è presente.

In Italia si stimano 1 milione di cinghiali su 2000 lupi, è importante darvi questa proporzione tra numero di prede e predatori; i danni che arrecano gli ungulati sono consistenti pertanto per fortuna che il lupo c’è, l’unico animale a contingentare la popolazione dei cinghiali.

Agli escursionisti che temono di incontrarlo, ricordo sempre che questa specie ha il terrore dell’uomo più di ogni altra cosa, pertanto non rappresenta alcun pericolo. Lui da km di distanza potrà sentir il nostro odore e vederci, per noi invece è un terno a lotto.

Agli allevatori che inveiscono contro di me, spiego sempre che nessuno li ha reintrodotti, si sono solo moltiplicati grazie alla presenza di cibo e alla legislazione favorevole.  Il passato ha sempre da insegnare, quindi guardiamoci indietro e prendiamo d’esempio le generazioni passate che ci hanno convissuto con accortezza; la presenza, lungo il perimetro degli jazzi del XV secolo (recinti a secco per le pecore), di lastre dette pietre paralupo che gli impedissero l’accesso, ne è la testimonianza. Recinti elettrificati, ricoveri adeguati, cani da guardiania preferibilmente maremmani abruzzesi e indennizzi riducono di oltre il 95% gli attacchi. Anche la caccia illegale al lupo peggiora i rapporti tra il predatore e l’allevatore: la scomparsa di un esemplare del branco può smembrarlo; i lupi solitari avendo più difficolta a cacciare prede selvatiche, non possono far altro che calibrare il mirino sul bestiame.

La comunità scientifica, gli ambientalisti si stanno battendo per combattere secoli di odio ed eliminare tutte le paure e i pregiudizi. Il lupo è il responsabile degli equilibri della Terra e noi? 200 lupi ogni anno muoiono per mano nostra eppure lui non ci ha mai attaccato… Chi è il cattivo?

Ora che non ignorate più l’importanza di conservare questa specie, siate portatovi come me di quanto sia importante la sua presenza… io lo farò fino a perder la voce.

Sogno una coesistenza pacifica e rispettosa tra allevatori e lupi…

Sogno degli uomini pensanti, liberi dai pregiudizi che in cuor loro esclamino

“EVVIVA! IL LUPO È TRA NOI”

Rossella Gendarmi

video Lorenzo Gaudiano